Eleonora Buratto
è tra i soprani lirici
più acclamati del mondo.


La sua carriera è iniziata nel 2009 cantando come Creusa in Demofoonte, diretta da Riccardo Muti al Festival di Salisburgo, Opèra Garnier e Ravenna Festival. Negli anni successivi è stata diretta dal Maestro Muti nel ruolo di Susanna nell’opera I Due Figaro di Mercadante, Norina in Don Pasquale, Amelia in Simon Boccanegra, Alice in Falstaff e Contessa d’Almaviva nelle Nozze di Figaro. Agli inizi del 2015 è stata Corinna alla Dutch National Opera di Amsterdam ne Il Viaggio a Reims, regia di Damiano Michieletto e direzione di Stefano Montanari, da allora la sua carriera internazionale si è ulteriormente sviluppata.


“Nella parte del titolo doveva debuttare Sonya Yoncheva. È invece arrivata, anch’ella per debuttare, Eleonora Buratto. Mai una nota fuori posto, mai una sillaba persa; un calibro lirico, fresco e giovanile, che però corre per l’anfiteatro fino a riempirlo di suono anche nelle frasi psicologicamente ripiegate su sé stesse. Sbalordisce la comunicativa tutta scaturita dalla semplicità, alla maniera di Mirella Freni: soprattutto dall’area germanica e anglosassone è dilagato, e ancor più dall’ultimo dopoguerra, lo sciocco vezzo di esasperare ogni strumento interpretativo, sia musicale sia teatrale, allo scopo di dimostrare un controllo del ruolo tale che umilii l’autore stesso; così facendo, però, ogni personaggio diviene non più un esempio umano, bensì un caso di psicosi; la Buratto non colora questa o quella parola, individualmente, calligraficamente e stereotipicamente, come viepiù i suoi colleghi fanno, ma porge ogni battuta di Aida attraverso i di lei affetti, sognanti o afflitti che siano, e lo fa più depurando che aggiungendo. Ne esce una ragazza grande o misera per gli eventi, ma in sé anelante alla semplice normalità. A lavorare così, succede che il minimo gesto frutti il massimo effetto: nell’atto III, scena con Radamès, l’Aida della Buratto si carica d’improvviso nervosismo e il suo porgere si fa più enfatico; ed ecco allora, chiaro come non mai, che lì ella sta recitando e mentendo con l’amato, mentre sa di essere spiata dal padre. La più commovente e dotta Aida immaginabile, arrivata a far strame delle colleghe straniere e a consolare dalla nostalgia di Daniela Dessì.”

(Francesco Lora, L’ape musicale)

“Così ciascuno abita nel suo cerchio, palcoscenico compreso. Dove però troviamo come Fiordiligi una conturbante Eleonora Buratto, di velluto scuro nelle note gravi, salda nell’intonazione nei salti acrobatici di registro, di voce incantevole e piena.”

(Carla Moreni, Il Sole 24 ore)

“Ma chi domina lo spettacolo è Desdemona, che è poi in effetti la vera protagonista. Eleonora Buratto è “il” soprano italiano di oggi, voce grande, bella, ben emessa. Però ormai canta “Don Carlo” e “Butterfly”, quindi se si era certi che la Canzone del salice (per le nostre orecchie depravate, più bella di quella di Verdi) sarebbe risultata la meraviglia che in effetti è stata, si nutrivano apprensioni per la stretta del terzetto e l’aria del secondo atto. Macché: agilità perfette, sgranate e “di forza” come Rossini comanda. In più, si vede che è convinta della regia, e la interpreta con forza e coraggio. Arcibrava”.

(Alberto Mattioli, La Stampa)

“L’eccellente interpretazione di Eleonora Buratto Liú, quasi pone in ombra la protagonista, un puro soprano lirico – un timbro da brividi”.

(Salvatore Morra, Il Giornale della Musica)

“Buratto ha estado excelsa, combinando con gran maestría los momentos dramáticos con los pasajes más líricos, en una exhibición vocal en la que ha dejado patente sus dotes belcantistas, su vis dramáticas y su capacidad lírica, con las que se ha ganado al público valenciano, que le ha tributado una prolongado ovación tanto al concluir el aria del segundo acto «Al dolce guidami» como al final de la función, con gritos de ¡brava! y con los espectadores puestos en pie.”
(Joan Castelló, EFE)

“Nella parte del titolo doveva debuttare Sonya Yoncheva. È invece arrivata, anch’ella per debuttare, Eleonora Buratto. Mai una nota fuori posto, mai una sillaba persa; un calibro lirico, fresco e giovanile, che però corre per l’anfiteatro fino a riempirlo di suono anche nelle frasi psicologicamente ripiegate su sé stesse. Sbalordisce la comunicativa tutta scaturita dalla semplicità, alla maniera di Mirella Freni: soprattutto dall’area germanica e anglosassone è dilagato, e ancor più dall’ultimo dopoguerra, lo sciocco vezzo di esasperare ogni strumento interpretativo, sia musicale sia teatrale, allo scopo di dimostrare un controllo del ruolo tale che umilii l’autore stesso; così facendo, però, ogni personaggio diviene non più un esempio umano, bensì un caso di psicosi; la Buratto non colora questa o quella parola, individualmente, calligraficamente e stereotipicamente, come viepiù i suoi colleghi fanno, ma porge ogni battuta di Aida attraverso i di lei affetti, sognanti o afflitti che siano, e lo fa più depurando che aggiungendo. Ne esce una ragazza grande o misera per gli eventi, ma in sé anelante alla semplice normalità. A lavorare così, succede che il minimo gesto frutti il massimo effetto: nell’atto III, scena con Radamès, l’Aida della Buratto si carica d’improvviso nervosismo e il suo porgere si fa più enfatico; ed ecco allora, chiaro come non mai, che lì ella sta recitando e mentendo con l’amato, mentre sa di essere spiata dal padre. La più commovente e dotta Aida immaginabile, arrivata a far strame delle colleghe straniere e a consolare dalla nostalgia di Daniela Dessì.

(Francesco Lora, L’ape musicale)

“Così ciascuno abita nel suo cerchio, palcoscenico compreso. Dove però troviamo come Fiordiligi una conturbante Eleonora Buratto, di velluto scuro nelle note gravi, salda nell’intonazione nei salti acrobatici di registro, di voce incantevole e piena.”

(Carla Moreni, Il Sole 24 ore)

“Ma chi domina lo spettacolo è Desdemona, che è poi in effetti la vera protagonista. Eleonora Buratto è “il” soprano italiano di oggi, voce grande, bella, ben emessa. Però ormai canta “Don Carlo” e “Butterfly”, quindi se si era certi che la Canzone del salice (per le nostre orecchie depravate, più bella di quella di Verdi) sarebbe risultata la meraviglia che in effetti è stata, si nutrivano apprensioni per la stretta del terzetto e l’aria del secondo atto. Macché: agilità perfette, sgranate e “di forza” come Rossini comanda. In più, si vede che è convinta della regia, e la interpreta con forza e coraggio. Arcibrava”.

(Alberto Mattioli, La Stampa)

“L’eccellente interpretazione di Eleonora Buratto Liú, quasi pone in ombra la protagonista, un puro soprano lirico – un timbro da brividi”.

(Salvatore Morra, Il Giornale della Musica)

“Buratto ha estado excelsa, combinando con gran maestría los momentos dramáticos con los pasajes más líricos, en una exhibición vocal en la que ha dejado patente sus dotes belcantistas, su vis dramáticas y su capacidad lírica, con las que se ha ganado al público valenciano, que le ha tributado una prolongado ovación tanto al concluir el aria del segundo acto «Al dolce guidami» como al final de la función, con gritos de ¡brava! y con los espectadores puestos en pie.”

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